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Qual è lo scritto inopportuno? (2025)

Interrogazione legata al dibattito generato da un intervento del Municipio a proposito di una presa di posizione dei docenti di Scuola media di Viganello – 

Metto raramente qui gli atti parlamentari, anche perché si possono trovare sul sito della Città di Lugano. Questa interrogazione fa eccezione perché si inserisce in un vivace dibattito pubblico sull'opportunità di una lettera del Municipio di Lugano all'indirizzo del Consiglio di Stato. 

 

Ha fatto parecchio discutere l’intervento del lodevole Municipio a proposito della presa di posizione del collegio docenti della Scuola media di Viganello. E continua a far discutere: proprio mentre scrivevamo questa interrogazione si sono manifestati, con una lettera aperta al Municipio, anche una cinquantina di docenti dell’Istituto scolastico di Lugano (27 ottobre, allegato 4).

Dopo parecchie reazioni critiche, il sindaco Michele Foletti ha dato alcune risposte in merito, segnatamente su «La Regione» del 17 ottobre scorso (difendendo una decisione presa a maggioranza e di cui presumibilmente non è stato l’iniziatore). Ma non tutto è convincente o chiaro, a partire dal riferimento alla semantica, e ci sembra che la questione meriti un sereno approfondimento anche in questa sede istituzionale, ora che la polemica sembra essersi un po’ placata.

Le questioni principali sono due: la natura dell’appello del collegio docenti di Viganello e l’opportunità dell’intervento del Municipio.

  1. Spirito e contenuti

Come già si è ricordato in altre sedi, il Municipio aveva sottoscritto, in maggio, una dichiarazione delle città di Losanna e Ginevra (allegato 1), centrata sulla «risposta totalmente fuori misura delle autorità israeliane» e sulle «sofferenze inflitte alla popolazione palestinese». Una frase riassumeva il senso di quella dichiarazione: «Di fronte alla catastrofe umanitaria in atto oggi a Gaza, la Svizzera non deve restare inattiva e silente», e in conclusione le due città romande, e con loro Lugano, chiedevano al Consiglio federale «un impegno forte e immediato».

Con una lettera aperta, i firmatari del presente atto avevano in precedenza sollecitato il Municipio (allegato 2) ad aderire a quell’appello, rilanciando l’invito già giunto da un gruppo di cittadini, e avevano preso atto con piacere che il Municipio aveva fatto quel passo il giorno stesso, e prima ancora di ricevere quella sollecitazione. Questo rende ancora più incomprensibile, ai nostri occhi, la reazione dell’esecutivo al documento dei docenti di Viganello, che muoveva – come quello appena ricordato – dall’allarme per quanto stava succedendo a Gaza e dall’inazione dell’autorità federale. Ecco cosa scrivevano i docenti in settembre (dall’allegato 3):

«Siamo profondamente indignati, oltre che scandalizzati e sconcertati, di fronte all’assordante velo di silenzio con il quale le autorità svizzere e i maggiori capi di governo dei paesi europei accolgono, minimizzando, le informazioni che faticosamente, ma inequivocabilmente, giungono dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania (…) Da tempo, lo sappiamo, si impedisce l’arrivo di cibo, acqua e medicine; si utilizzano la malnutrizione e la carestia, la distruzione di ospedali, di scuole e altre infrastrutture vitali come strumento di guerra e di sterminio di massa. A questo si aggiunge la violenta e sistematica distruzione, già denunciata dall’ONU, di musei, chiese e altri luoghi di culto, volta non solo all’eliminazione di un patrimonio culturale secolare, ma soprattutto dell’identità del popolo palestinese.
Ci sorprende, dunque, e ci delude, l’inazione omertosa e colpevole della Confederazione Svizzera che in virtù della sua storia vorremmo coraggiosa, libera e promotrice di pace».

Certo, il tono è diverso: l’espressione dell’assemblea di un gruppo di persone indignate non è la stessa di una comunicazione istituzionale. Ma la spinta morale ci pare la stessa, e uguale l’appello a reagire, a mettere in campo «un impegno forte e immediato».

In maggio il sindaco aveva dichiarato «Non è una presa di posizione politica, né a favore di Israele né a favore della Palestina. Ma è per le persone. È una scelta da parte della maggioranza del Municipio dettata dalla sensibilità nei confronti di chi vive in quei territori e sta affrontando una crisi umanitaria difficile» (La Regione, 30 maggio). Anche se le ultime parole suonano un po’ eufemistiche, si tratta, ci pare, di una sensibilità affine a quella delle cinquemila persone che avevano marciato silenziosamente qualche giorno prima a Bellinzona e a quella dei docenti di Viganello che si sono espressi qualche mese dopo. Al centro di tutto questo muoversi, chiedere, intercedere, c’era la situazione di inaccettabile sofferenza della popolazione civile di Gaza.

Sempre il sindaco ha detto – nel già citato articolo del 17 ottobre – che la lettera dei docenti è unilaterale, e che «solo di facciata» è il riferimento alle violenze del 7 ottobre 2023. È un’illazione malevola,un’interpretazione discutibile del rapido accenno dei docenti ai massacri di quel giorno («Pur condannando le violenze del 7 ottobre 2023, riteniamo che da due anni la politica israeliana e le azioni militari nei confronti della popolazione civile…»). Al centro di quella presa di posizione, ci pare, stava la situazione drammatica di Gaza dopo quasi due anni di bombardamenti, distruzioni e blocco degli aiuti umanitari. Deplorare quella situazione, chiedere al Governo federale di essere più attivo, e anche di riconoscere uno Stato di Palestina – in accordo, del resto, con la risoluzione 181 delle Nazioni Unite, ma anche con la risoluzione votata ieri, 27 ottobre 2025, dal Gran Consiglio ticinese – non richiede necessariamente il riepilogo delle tappe precedenti (il pogrom del 7 ottobre, e prima, tanto per indicarne qualcuna a ritroso, l’occupazione dei territori del 1967, la dichiarazione di indipendenza del 1948, la Shoah, la dichiarazione Balfour, la nascita del sionismo, l’antisemitismo, l’antigiudaismo cristiano, l’Editto di Tessalonica, la distruzione del Secondo Tempio…).

  1. Opportunità

Ma al di là dell’interpretazione e della condivisione di quanto scritto da quei docenti, la questione centrale rimane quella di ritenere la comunicazione dei docenti di Viganello «fuori luogo nell’ambito delle attività scolastiche». Come se un gruppo di docenti non potesse prendere posizione pubblicamente su un tema tanto grave e attuale come l’annientamento diretto e indiretto di un’intera popolazione. Fatte le debite proporzioni, la reazione del Municipio sembra partecipare a quel clima di imbavagliamento delle libere opinioni nel sistema scolastico che vediamo crescere negli Stati Uniti – con i tagli miliardari alle università dissidenti – ma anche, qua e là, in Europa. È questa la posizione del Municipio? I docenti, e per analogia magari altri gruppi professionali legati ai servizi statali, non possono esprimersi sui fatti che li sconvolgono?  Farsi un’opinione, esprimerla, confrontarsi apertamente: non dovrebbe essere qualcosa di connaturato alla funzione di chi, come fanno notare i docenti stessi, ha «il dovere di educare le giovani generazioni ai princìpi più autentici della democrazia, alla ricerca e alla costruzione di un bene comune, al senso di giustizia e verità, nella strenua difesa dei diritti umani». È innanzitutto su questa questione di principio, prima ancora che sulla fattispecie, che lo scritto del Municipio è parso a molti, e a noi, inopportuno.

Visto quanto detto fin qui, poniamo quindi al lodevole Municipio tre domande:

  1. Davvero il Municipio, al di là delle differenze formali, ritiene fondamentalmente diversi lo spirito e gli intendimenti che hanno ispirato la sua posizione pubblica in maggio e quella dei docenti di Viganello?
  2. Il Municipio di Lugano ha interpellato il Consiglio di Stato perché ritiene che i collegi dei docenti non si debbano esprimere pubblicamente su fondamentali questioni di società come la palese, ripetuta, abnorme violazione del diritto umanitario internazionale che si è vista (e ancora si vede) nella striscia di Gaza?
  3. Tenuto conto anche dei molti pareri critici apparsi nelle scorse settimane, il Municipio resta convinto che la sua lettera sia stata – politicamente, culturalmente, istituzionalmente – opportuna?

È chiaro che di fronte a quanto è successo e succede ogni giorno, l’intervento del Municipio di cui stiamo parlando è ben poca cosa. Ma solleva questioni di principio che allarmano e richiedono chiarezza.

Siamo coscienti di due fatti: che raramente si ammette un errore di valutazione, men che meno in politica, e che il Municipio potrebbe rispondere alle varie domande, come ogni tanto succede, con un semplice sì. Saremmo ovviamente sollevati se il Municipio riconsiderasse criticamente il suo passo, e ci auguriamo in ogni caso di leggere delle risposte sufficientemente argomentate.

Cordiali saluti

Danilo Baratti (Verdi e Indipendenti), Carola Barchi (PLR), Sara Beretta-Piccoli (Verdi liberali), Edoardo Cappelletti (La Sinistra), Federica Colombo (Il Centro), Tamara Merlo (Più Donne), Luisa Orelli (Verdi e Indipendenti), Nina Pusterla (La Sinistra)

Lugano, 29 ottobre 2015

 

Il pdf dell'interrogazione: Scarica interrogazione_1538

 

ALLEGATI

Allegato 1

Déclaration des villes de Genève et Lausanne sur la situation humanitaire à Gaza (21 mai 2025)

Le 7 octobre 2023, nous avons été sidérés et bouleversés par l’horreur de l’attaque terroriste du Hamas. Des massacres qui ont fait plus de 1200 morts et 250 otages, dont une cinquantaine ne sont toujours pas libérés plus de 20 mois plus tard. L’État d’Israël a alors subi l’attaque terroriste la plus meurtrière depuis sa création en 1948. 

Bouleversés, nous l’avons aussi été, et le sommes malheureusement chaque jour encore un peu plus, par la démesure totale de la riposte des autorités israéliennes, par les souffrances immenses infligées à la population palestinienne, plus de 50'000 morts, et 100'000 victimes, 90% de la population déplacée, plus de 60% des bâtiments de la bande de Gaza détruits ou endommagés, dont des hôpitaux et des écoles.

La population palestinienne se trouve dans une situation humanitaire catastrophique. Le conflit s’est également élargi, en particulier sur le territoire libanais.

Dans nos villes, nous avons dès le début de ce conflit témoigné de notre solidarité et notre compassion à l’égard de toutes les victimes, appelé au retour des otages et rappelé la nécessité de respecter le droit humanitaire international. Ces engagements se sont concrétisés par des marques de soutien d’aide d’urgence à des ONG actives à Gaza ou au Liban ou à l’UNRWA, office de secours et de travaux des Nations unies pour les réfugiés de Palestine dans le Proche-Orient. Nous avons aussi localement réaffirmé nos engagements contre le racisme et l’antisémitisme qui ont sensiblement augmenté en Suisse depuis le début du conflit.

Depuis quelques mois, la situation s’est encore fortement aggravée et la bande de Gaza soumis à un blocus humanitaire total, empêchant l’acheminement de l’aide à la population civile. Le gouvernement israélien, qui bloque les 2.2 millions d’habitants à Gaza, interdit depuis le 2 mars l’entrée de toute aide humanitaire dans l’enclave. Entre-temps quelques camions ont pu entrer mais, selon les organisations compétentes, cela représente une goutte d’eau face aux besoins.

Le Programme alimentaire mondial (PAM) a annoncé le 25 avril avoir épuisé tous ses stocks de nourriture à Gaza. Des centaines de milliers de personnes risquent de souffrir de faim et de malnutrition sévères, notamment beaucoup d’enfants. Depuis le début du mois de mai, l’armée israélienne a lancé une offensive terrestre à Rafah et prévoit officiellement un plan de «conquête» de la bande de Gaza et le déplacement de sa population en violation directe du droit international, dans une logique de nettoyage ethnique. En Cisjordanie occupée, la colonisation s’accélère également.

Chaque jour un peu plus que le précédent, le droit international et le droit humanitaire sont bafoués. 

Ici en Suisse, pays dépositaire des Conventions de Genève, nous avons une responsabilité institutionnelle et morale particulière, celle de dénoncer les violences, de soutenir les victimes et de réaffirmer notre attachement sans faille au respect du droit international.

De nombreuses voix s’élèvent aujourd’hui dans le monde, notamment parmi la population civile israélienne, pour exiger la libération des otages, l’arrêt des massacres de civils palestiniens et la mise en place d’un cessez-le-feu immédiat. Sur le plan diplomatique, les Etats sont de plus en plus nombreux à exiger un arrêt des conflits et le retrait des troupes israéliennes de la bande de Gaza ainsi qu’à promouvoir un plan de paix et de reconstruction et le maintien à Gaza de la population palestinienne.

Aujourd’hui, les villes signataires entendent réaffirmer leur solidarité avec toutes les victimes, leur attachement au respect du droit humanitaire international et à la promotion de la paix. En tant qu’État dépositaire des Conventions de Genève, la Suisse est solidairement responsable du respect du droit international humanitaire et se doit de dénoncer les violations commises, d’appeler au respect du droit international et de s’engager pour le rétablissement complet et sans entraves de l’aide humanitaire, un cessez-le-feu immédiat ainsi que pour la libération des otages. La Suisse a toute compétence et légitimité pour s’engager à la fois sur le plan humanitaire et diplomatique en faveur d’une solution politique pacifiée.

Face à la tragédie humanitaire qui se déroule en ce moment à Gaza, la Suisse ne doit pas rester inactive et silencieuse.

Les Villes de Lausanne et Genève lancent ainsi un appel urgent au Conseil fédéral et appellent les autres villes à s’y associer. Après des mois de prises de position contradictoires et de silence au sujet de l’offensive militaire israélienne, il est temps que le Conseil fédéral porte enfin une voix forte et claire sur le sujet, respectueuse de l’histoire de notre pays et de sa tradition humanitaire. Nous attendons du Conseil fédéral un engagement fort et immédiat en la matière.

 

Allegato 2

Al lodevole Municipio di Lugano.

L’appello che segue sta girando in tutta la Svizzera e l’avete già ricevuto nei giorni scorsi da un gruppo di cittadine e cittadini. Chiede ai comuni di aderire a un’iniziativa delle città di Ginevra e Losanna, che esorta il Consiglio federale a dire finalmente una parola chiara su quanto sta accadendo a Gaza. Lo riproponiamo a nostra volta, sia perché un richiamo rafforza pur sempre l’attenzione, sia perché riteniamo importante che l’appello giunga anche da alcune voci del Consiglio comunale (pur rimanendo questa una semplice lettera: non è un atto parlamentare). Se ribadiamo l’invito che vi è già stato rivolto è anche perché la manifestazione tenutasi sabato 24 maggio a Bellinzona, una delle più imponenti di questi anni, ha mostrato quanto sia grande e diffuso il turbamento di fronte all’insostenibile distruzione di vite per bombe e per fame. Da quattro a cinquemila persone hanno marciato compostamente e silenziosamente per ottenere la rottura di un altro silenzio, quello lungo e sconcertante del Consiglio federale di fronte alla mattanza quotidiana che avviene nella Striscia di Gaza.

La politica estera non è tra le competenze dei comuni, ma la difesa del diritto internazionale umanitario – e dell’impegno della Svizzera nel promuoverlo – spetta anche ai cittadini e alle autorità locali che li rappresentano. Riteniamo che l’esecutivo della città più importante del Cantone debba recepire queste istanze. La sua voce non è certo irrilevante, anche per la singolarità di avere tra i suoi membri il presidente della Commissione di politica estera del Consiglio degli Stati, un ex presidente della stessa Commissione e un consigliere nazionale.

Al momento di spedire questa lettera aperta veniamo a sapere che anche il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha rotto gli indugi, con una comunicazione al Consiglio federale in linea con quanto chiediamo. Il silenzio del Municipio di Lugano sarebbe, a questo punto, ancor più preoccupante. Di seguito l’appello che condividiamo e nuovamente vi indirizziamo.

Stimato Sindaco, Stimati Municipali,

le autorità municipali delle città di Ginevra e Losanna si sono pubblicamente espresse chiedendo un intervento chiaro e deciso del Consiglio federale di fronte alla drammatica situazione nella Striscia di Gaza, dove è in atto un blocco umanitario totale che ostacola l’accesso agli aiuti per la popolazione civile.

Dal 2 marzo, il governo israeliano ha vietato l’ingresso di qualsiasi tipo di aiuto umanitario nell’enclave, lasciando 2,2 milioni di persone in condizioni critiche. Nonostante alcuni camion siano riusciti a entrare, le principali organizzazioni internazionali denunciano che tali aiuti rappresentano una goccia nel mare rispetto ai bisogni reali.

Le città di Ginevra e Losanna, riconoscendo la gravità dell’emergenza umanitaria in corso, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta per sensibilizzare l’opinione pubblica e sollecitare interventi concreti da parte della comunità internazionale. In essa riaffermano l’importanza del rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, ed esortano tutte le parti coinvolte a garantire l’accesso agli aiuti e la protezione dei civili.

Dopo mesi di silenzi e posizioni ambigue riguardo all’offensiva militare in corso, riteniamo sia giunto il momento che anche il Consiglio federale esprima una posizione chiara e coraggiosa, in linea con la storia e la tradizione umanitaria della Svizzera. Ginevra e Losanna non devono restare sole in questa presa di posizione: ogni comune, anche il più piccolo, può e deve far sentire la propria voce.

Le due città hanno espressamente invitato gli altri comuni ad aderire all’iniziativa, come indicato nel loro comunicato ufficiale. 

In qualità di cittadine e cittadini del Comune di Lugano chiediamo con convinzione che anche le nostre autorità comunali aderiscano a questa importante iniziativa, affinché anche da qui si levi una voce ferma e solidale contro una tragedia umanitaria inaccettabile.

 

Ringraziamo per l’attenzione e salutiamo cordialmente

Danilo Baratti, Céline Antonini, Carola Barchi, Sara Beretta-Piccoli, Edoardo Cappelletti, Federica

Colombo, Michele Malfanti, Tamara Merlo, Luisa Orelli, Nina Pusterla, Carlo Zoppi

Lugano, 28 maggio 2025

 

Allegato 3

Collegio docenti della Scuola media di Viganello – Lettera aperta in favore del popolo palestinese

Cari abitanti della Svizzera, 
oggi noi insegnanti siamo qui ad esprimere il nostro dolore, l’indignazione profonda e la preoccupazione per le attuali condizioni nelle quali versa il popolo palestinese, condizioni gravissime, disumane e inusitate, che richiedono un’urgente quanto chiara e decisa presa di posizione.
Pur condannando le violenze del 7 ottobre 2023, riteniamo che da due anni la politica israeliana e le azioni militari nei confronti della popolazione civile della striscia di Gaza e Cisgiordania – soprattutto di bambini innocenti e indifesi – si siano dimostrate genocidarie, come denunciato a gran voce non soltanto da importanti e riconosciute associazioni internazionali (Amnesty International; Human Rights) e da intellettuali autorevoli come David Grossman, ma, ancor più significativamente, dai più alti tribunali internazionali. La Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato d’arresto per il primo ministro israeliano Netanyahu e l’ex ministro della difesa Galant, accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, proprio per giungere ad un equo processo.
Siamo profondamente indignati, oltre che scandalizzati e sconcertati, di fronte all’assordante velo di silenzio con il quale le autorità svizzere e i maggiori capi di governo dei paesi europei accolgono, minimizzando, le informazioni che faticosamente, ma inequivocabilmente, giungono dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania. Informazioni ottenute al costo di ormai centinaia di vite di coraggiosi giornalisti freelance che sfidano il divieto imposto all’informazione da Israele. Da tempo, lo sappiamo, si impedisce l’arrivo di cibo, acqua e medicine; si utilizzano la malnutrizione e la carestia, la distruzione di ospedali, di scuole e altre infrastrutture vitali come strumento di guerra e di sterminio di massa. A questo si aggiunge la violenta e sistematica distruzione, già denunciata dall’ONU, di musei, chiese e altri luoghi di culto, volta non solo all’eliminazione di un patrimonio culturale secolare, ma soprattutto dell’identità del popolo palestinese.
Ci sorprende, dunque, e ci delude, l’inazione omertosa e colpevole della Confederazione Svizzera che in virtù della sua storia vorremmo coraggiosa, libera e promotrice di pace; così come ci delude e ci offende la parzialità e la “disattenzione” dei principali media nazionali e internazionali.
Come insegnanti non ci riconosciamo in questa politica di indifferenza e di silenzio. Sentiamo il bisogno e il dovere di gridare la nostra indignazione e il nostro dolore. Nostro, infatti, è il dovere di educare le giovani generazioni ai princìpi più autentici della democrazia, alla ricerca e alla costruzione di un bene comune, al senso di giustizia e verità, nella strenua difesa dei diritti umani.
E questo vogliamo fare, né più né meno, nel piccolo delle nostre aule, ogni giorno, guardando negli occhi i nostri allievi e le nostre allieve senza paura di dover mentire o tradire la nostra coscienza, ma cercando di rispondere ad un bisogno sempre crescente di comprendere l’incomprensibile, di fronte all’incapacità di accettare, in silenzio, quanto sta succedendo.
E davanti a tanto omertoso silenzio non possiamo, e non vogliamo, rimanere muti ed inermi, complici di un genocidio ormai prossimo al suo atto finale.
Chiediamo pertanto quanto segue:

  1. l’invio di aiuti umanitari verso i territori palestinesi e la pressione sul governo di Israele affinché riapra i corridoi umanitari;
  2. la protezione per i partecipanti alla spedizione umanitaria Global Sumud Flotilla;
  3. il riconoscimento dello stato di Palestina da parte della Confederazione Svizzera;
  4. una chiara e decisa condanna da parte del governo svizzero nei confronti delle politiche genocidarie di Israele in Palestina;
  5. l’adozione di sanzioni, anche economiche, da parte della Svizzera verso lo stato di Israele.

(settembre 2025)

 

Allegato 4

Riflessione in merito alla comunicazione del Municipio di Lugano del 9 ottobre 2025

Egregi Municipali,

con la presente noi, docenti firmatari, desideriamo condividere alcune riflessioni in merito alle osservazioni espresse nella Vostra recente comunicazione riguardante la lettera aperta inviata in solidarietà verso il popolo palestinese e diffusa alla cittadinanza dal Plenum delle Scuole Medie di Viganello.

Come docenti, lavoriamo quotidianamente per promuovere, oltre al sapere, valori di giustizia e libertà, sviluppando il senso di responsabilità ed educando alla pace e agli ideali democratici, in piena coerenza con la missione della scuola pubblica ticinese sancita all’articolo 2 della Legge della scuola.

1.     Sul presunto carattere “fuori luogo” dell’iniziativa
In merito alla Vostra osservazione secondo cui la lettera sarebbe fuori luogo nell’ambito delle attività scolastiche e istituzionali, riteniamo che la scuola debba poter dialogare con la realtà sociale e culturale del tempo. Il Piano di studio della scuola dell’obbligo affida infatti all’educazione civica, alla cittadinanza e alla democrazia il compito di analizzare le relazioni tra individui, gruppi e società, affrontando i temi della convivenza da una prospettiva storica, etica e politica. La scuola, dunque, non può chiudersi nel silenzio di fronte alle tragedie umane contemporanee: deve aprirsi al mondo, offrendo agli allievi strumenti di comprensione critica e morale.

2.     Sulla neutralità e l’imparzialità della scuola
Riteniamo che la neutralità non possa essere confusa con l’indifferenza: la neutralità politica non si traduce in neutralità morale. Un’istituzione scolastica non può e non deve rimanere muta davanti a questioni che toccano la dignità e la vita delle persone. La neutralità intesa come silenzio innanzi alle ingiustizie è già, di per sé, una presa di posizione.

3.     Sulla libertà d’espressione e sull’autonomia scolastica
Riteniamo che le parole del Municipio, pur forse animate da un intento di tutela istituzionale, abbiano suscitato nel corpo docente la sensazione di una limitazione della libertà d’espressione. Il collegio dei docenti, come stabilito dall’Articolo 37 della Legge della scuola, ha la facoltà di “affrontare problemi politici e sindacali connessi con la professione”: laddove tali questioni toccano le finalità della scuola, si connettono direttamente con la nostra funzione educativa. Questo spazio di confronto e di riflessione è parte integrante della vitalità democratica della scuola pubblica. Siamo convinti che il dialogo tra le diverse istituzioni, ciascuna con i propri ruoli e punti di vista, condotto in un clima di reciproco rispetto, possa rafforzare la fiducia e favorire un terreno comune di comprensione, soprattutto su temi complessi e delicati.

4.     Sul ruolo educativo e civico della scuola
La scuola non è solo trasmissione di nozioni, ma luogo di formazione integrale della persona. Educare significa aiutare a leggere la realtà, a riconoscere l’ingiustizia e a coltivare la responsabilità. La crisi umanitaria a Gaza – riconosciuta come tale da istituzioni internazionali, tra cui la Corte Penale Internazionale – come ogni sofferenza collettiva che interroga la coscienza umana, ci impone di non restare in silenzio, ma di accompagnare con senso critico e rispetto i nostri allievi nella comprensione del mondo. Una scuola che rifiuta di affrontare questi temi rischia di formare cittadini privi di pensiero morale. Difendere la libertà di parola e la riflessione etica nella scuola significa, oggi più che mai, difendere la sua funzione più autentica: quella di educare alla consapevolezza, alla pace e alla dignità umana, come previsto dallo stesso articolo 2 della Legge della scuola, che richiama la promozione dei valori democratici, della solidarietà e del rispetto dei diritti umani.

Conclusione

Alla luce di quanto sopra, auspichiamo che il Municipio di Lugano voglia considerare il significato educativo e civile di questa nostra posizione, riconoscendo che essa nasce da un sincero senso di responsabilità e non da intenzioni politiche o divisive.

Desideriamo inoltre esprimere il nostro rammarico per il tono e i contenuti della comunicazione municipale, che ci hanno colpiti non solo come docenti, ma anche come dipendenti e collaboratori dell’Istituto scolastico. Come tali, ci sentiamo parte integrante della comunità cittadina e crediamo che un dialogo aperto e rispettoso tra istituzioni e scuola contribuisca a rafforzare il senso di appartenenza e di fiducia reciproca e sia la via più costruttiva per affrontare temi complessi, nel rispetto reciproco dei ruoli e delle competenze. Confidiamo inoltre che possa instaurarsi un clima di confronto fondato sulla fiducia e sulla valorizzazione del mandato educativo della scuola.

Desideriamo infine sottolineare che ogni intervento pubblico sulle espressioni del corpo docente può avere ripercussioni significative sul clima di fiducia e sulla libertà educativa: crediamo sia interesse comune tutelare questi valori, pilastri della nostra democrazia e del nostro mandato professionale.

(lettera di 49 docenti dell’Istituto scolastico della Città di Lugano, 27 ottobre 2025)

 

atti parlamentari, guerre, ConsiglioComunale, Lugano, IsraelePalestina, 2025

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